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21 Gen 2019

I 5 Requisiti per un RICAMBIO GENERAZIONALE di Successo!

La quasi totalità delle PMI Italiane grandi o piccine, hanno in comune il fatto di essere a conduzione famigliare.

 

II che porta quasi inevitabilmente molti (troppi) imprenditori a credere che il proprio caso personale sia in qualche modo diverso, speciale rispetto a tutti gli altri, tanto da rendere colpevolmente superflui gli approfondimenti in materia di ricambio generazionale.

Se da un lato è vero che ogni caso di ricambio generazionale rappresenta un mondo a sé stante, è altrettanto vero che esistono delle linee guida generali in cui tutti si possono in qualche modo riconoscere, ed oggi voglio esplorarle con te, anzitutto partendo dalla definizione:

  • Cosa si intende con il termine ricambio generazionale?

In base alla mia esperienza posso affermare che il ricambio generazionale è l’espressione di tutte quelle attività inserite all’interno di un processo, che può durare molti anni, il quale possiede delle caratteristiche distintive:

  • Dovrebbe Iniziare quando i figli sono ancora in giovane età
  • Prevedere un periodo di co – governance aziendale genitori/figli
  • Terminare quando la nuova generazione assume il controllo definitivo dell’azienda.

 

Per scoprire meglio cosa intendo puoi leggere: Le 4 Fasi del Ricambio Generazionale

 

Affinché il processo di ricambio generazionale abbia concrete opportunità di successo esistono delle condizioni che si dovrebbero creare a monte:

 

  1. Separare
  2. Valutare
  3. Prepararsi
  4. Pianificare
  5. Coinvolgere

 

1) SEPARARE

Buona norma sarebbe quella di tenere sempre rigorosamente separato il patrimonio famigliare da quello aziendale, passo assolutamente necessario non soltanto in un’ottica di ricambio generazionale, ma anche in quella di protezione del patrimonio familiare dalle aggressioni esterne, esistono in merito due tipologie di approccio:

a. Rappresentano la maggioranza delle famiglie imprenditoriali Italiane, rappresentata da imprenditori (e famiglia) che vedono l’azienda coma parte integrante del nucleo famigliare, si riconoscono dalla forte avversione all’ingresso di soci o capitali esterni o ancor di meno a ricorrere all’utilizzo di manager a tempo, sono in genere poco disponibili all’utilizzo di strumenti ad hoc quali Holding,Trust, Polizze ecc.

b. Famiglie (minoranza) che hanno un’idea di impresa quale entità distinta e sono di conseguenza maggiormente ben disposte ad accettare soci e capitali esterni, oppure utilizzare manager a tempo ed usare tutti gli strumenti che si rendono necessari, Holding, Trust, polizze ecc.

Separazione quindi, non soltanto fisica ma anche emotiva, dovresti essere sempre aperto e disponibile verso tutte le possibilità, allo scopo di conseguire risultati migliori per l’azienda, questo porterà nel tempo anche una maggiore coesione in famiglia, al contrario chiudendosi in se stessi, si giungerà prima o poi inevitabilmente a situazioni di conflitto generazionale.

 

2) VALUTARE

Dare maggior peso alla competenza piuttosto che all’appartenenza, trasmettere un sistema valoriale che promuova l’eccellenza sarebbe la strada più sensata da percorrere, anche se mi rendo conto che non sarà certo indolore, l’attitudine alla leadership e le capacità manageriali purtroppo non si trasmettono per via genetica.

Quindi si renderà necessario effettuare costanti valutazioni negli anni, sull’operato di colui/lei che un giorno prenderà in mano le redini aziendali, che siano il più rigorose ed oggettive possibile e si basino oltre che sui risultati raggiunti, anche sul carattere in modo che nel caso determinate doti non dovessero emergere, potrai sempre correre ai ripari per tempo applicando strategie alternative.

 

3) Pronti

Bisognerebbe essere sempre pronti di fronte agli imprevisti, strutturare quindi il patrimonio aziendale e personale per poter far fronte in sicurezza anche all’evento più avverso, dovresti pertanto:

a. Creare un patrimonio extra-aziendale per liquidare eventuali soci non graditi o familiari che desiderino lasciare l’impresa

b. Non appena possibile frazionare il patrimonio tra i familiari allo scopo di ridurre gli oneri fiscali derivanti dalla successione in caso di scomparsa improvvisa del capofamiglia.

c. Utilizzare senza remore quanto prima tutti quegli strumenti che possono essere utili allo scopo, ad esempio valutare la creazione di una Holding in cui definire con chiarezza i ruoli dei componenti il nucleo famigliare e relativa gestione operativa

d. Considerare le dimensioni della famiglia per distribuire le quote in modo da evitare blocchi decisionali

 

4) Pianificare

Uno dei segreti più importanti del processo di ricambio generazionale,  risiede proprio nell’atteggiamento che si ha verso di esso, dovresti privilegiare una prospettiva di processo invece che ragionare per obiettivi.

Ragionare in un’ottica di processo significa avere una visione di uno stato futuro, che si basa sulle informazioni attualmente disponibili, ed adattare le varie fasi della successione alle nuove conoscenze ed informazioni che si renderanno fruibili man mano che il processo avanza.

Porre più attenzione sulla competitività dell’azienda, piuttosto che ricercare equilibri interni alla famiglia

 

5) Coinvolgere

Ultimo importante passo verso una sana pianificazione di ricambio generazionale, consiste nel coinvolgere tutti gli attori esterni alla famiglia, persone quali l’avvocato, il commercialista, il notaio, il consulente finanziario ecc. ti offriranno due importanti contributi:

a. Ti aiuteranno nel colmare le carenze informative sulla materia

b. Ti consentiranno di ridurre e gestire l’emotività prediligendo valutazioni razionali e tecniche a quelle più impulsive dettate dall’ipersensibilità verso la materia.

I professionisti terzi dovranno godere della massima fiducia da parte tua, ma anche da parte di chi subentrerà un giorno al tuo posto.

Dovranno essere sempre disponibili ad ascoltare con attenzione le tue proposte ed idee, nonché quelle della tua famiglia, viceversa in qualità di imprenditore o di futuro erede, dovrai essere sempre aperto/a verso le soluzioni prospettate dagli attori terzi, disponibilità al dialogo quindi e disponibilità a condividere i valori di fondo della famiglia imprenditoriale.

 

  • Conclusioni

Come vedi organizzare un ricambio generazionale è un vero e proprio processo, sicuramente non qualcosa che ci si può inventare sul momento magari spinti dall’urgenza.

Pertanto a mio avviso, sarebbe bene cominciare ad organizzarsi quanto prima, soprattutto quando sei ancora relativamente giovane con di fronte a te ancora numerosi anni di attività, in questo modo potrai avere il tempo necessario per creare le condizioni necessarie ad una sana riuscita dell’intero processo di ricambio generazionale.

Hai letto fino a qui, ottimo!

 

Adesso però voglio conoscere il tuo punto di vista, stai già organizzando il ricambio generazionale nella tua azienda?

 

Segui i passi indicati sopra o ti sei organizzato diversamente?

 

Fammelo sapere nei commenti.

 

A presto

Mauro

 

P.S.

Se desideri approfondire il tema in maniera più discreta, contattami direttamente, un buon consiglio non lo nego mai a nessuno!

 

03 Mag 2018

I vantaggi per l’azienda che trasferisce il TFR del dipendente ad un Fondo Pensione

Generalmente il trattamento di fine rapporto  viene utilizzato dalle aziende come “forma di autofinanziamento”, come “liquidità di cassa”.

 

Questo modo di pensare generalizzato, molto probabilmente, è dovuto alla mancanza di una corretta informazione sulla materia perché, nella realtà, il conferimento del TFR a un fondo pensione può solo portare vantaggi economici all’azienda.

Ma partiamo dall’inizio.- Quanto costa questa forma di autofinanziamento all’Azienda?

Il Trattamento di Fine Rapporto rappresenta un costo del lavoro (7,41% della retribuzione lorda) che non può in ogni caso essere eliminato nemmeno con il trasferimento alla previdenza complementare, ma ci sono voci che, invece, possono essere risparmiate:

  • il versamento al Fondo di Garanzia INPS dello 0,20% sulle retribuzioni;
  • la rivalutazione annuale di legge (1,5% fisso + il 75% dell’inflazione).

Ma facciamo un esempio pratico: quantifichiamo!

Prendiamo ad esempio un’azienda, Beta S.R.L. con 15 dipendenti che ha un costo, nell’anno, di 350.000,00 euro per le retribuzioni lorde. Quest’azienda dovrà versare al Fondo di Garanzia INPS lo 0,20% delle retribuzioni, pari a 700,00 euro. Il TFR maturato in corso d’anno è di 25.935,00 euro (il 7,41%) di cui 1.750,00 euro devono essere versati come contributo di solidarietà al Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti (lo 0,50%), quindi il TFR realmente accantonato (per i dipendenti) è pari a 24.185,00 euro ( 25.935,00 meno 1.750,00). Adesso ipotizziamo una rivalutazione annua pari all’1,70% che rappresenta un costo di 411,15 euro (1,70% di 24.185,00). Abbiamo quindi un costo complessivo del TFR di 1.111,15 euro (70o,00 per il Fondo Garanzia + 411,15 per la rivalutazione) che rappresenta, sulla quota di TFR considerato, il 4,6%.

– I risparmi fiscali e finanziari del conferimento ad un Fondo Pensione

Andiamo adesso a quantificare i risparmi fiscali e finanziari che la legge prevede per le aziende che trasferiscono il TFR dei dipendenti a una forma di previdenza complementare, ipotizzando che tutti e quindici i dipendenti aderiscano a un fondo pensione conferendo l’intero TFR maturando (24.185,00 euro). Ricordiamo, brevemente, le compensazioni previste:

  • una deduzione dal reddito di impresa del 4% (per le aziende con meno di 50 dipendenti) o del 6% (per le aziende con oltre 49 dipendenti), percentuale da applicare all’importo effettivo del TFR conferito;
  • una riduzione pari allo 0,28% sugli oneri sociali (per disoccupazione, assegni nucleo familiare) che devono essere versati dall’azienda, riduzione che deve essere calcolata sulle retribuzioni totali dei dipendenti che hanno conferito al fondo il proprio TFR.

Vediamo a quanto ammonta il risparmio riprendendo l’esempio precedente:

  • deduzione del 6% (meno di 50 dipendenti) dal reddito d’impresa: 1.451,10 euro, ossia il 6% del TFR trasferito (24.185,00), con un risparmio effettivo d’imposta di 399,06 euro (*);
  • riduzione oneri sociali, 0,28%: 980,00 euro, ossia lo 0,28% delle retribuzioni lorde (350.000,00).

 

(*) LE SOCIETÀ DI CAPITALE PAGANO UN’IMPOSTA FISSA SULL’UTILE PARI AL 27,5%, PER CUI CON UNA DEDUZIONE DI 1.451,00 EURO IL RISPARMIO EFFETTIVO È DI 399,06 EURO.

 

In sostanza abbiamo un risparmio, dovuto alle misure di compensazione, di

1.379,06 euro (399,06 + 980,00),

che rappresenta, in percentuale sulla quota di TFR considerato, il 5,7%.

Il risparmio complessivo

Nell’esempio che abbiamo analizzato, l’azienda che ha trasferito l’intera quota annua del TFR dei propri dipendenti ha, nel complesso:

  • risparmiato il costo dell’autofinanziamento non versando al Fondo di Garanzia lo 0,20% (700,00 euro);
  • risparmiato il costo della rivalutazione pari all’1,70% (411,15 euro);
  • portato in deduzione dal reddito d’impresa il 6% del TFR trasferito con un risparmio effettivo d’imposta (399,06 euro);
  • risparmiato lo 0,28% sul versamento degli oneri sociali (980,00 euro).

Il risparmio complessivo risulta pari a

  2.490,21 euro

(700,00 + 411,15 + 399,06 + 980,00) che corrisponde a circa 10 punti percentuali sul TFR considerato (24.185,00).

….senza contare….

  • il rendimento del Fondo, che viene condiviso anche con l’Azienda oltre che con il dipendente;
  • la gestione autonoma del Fondo in termini di rapporti con il dipendente che ha conferito;
  • il preservare l’Azienda da eventuali richieste di accesso al Credito (e quindi meno oneri finanziari) per finanziare liquidazioni totali o anticipate.

 

Questo vuole essere semplicemente uno spunto per iniziare a ragionare sulla convenienza o meno di questo strumento.

Se pensi possa essere utile alla tua Azienda, fammelo sapere: sarò lieto di approfondire con te l’argomento e di prospettarti le migliori soluzioni a mia disposizione.

grazie per l’attenzione,

a presto

Mauro

23 Mar 2018

Un piano di welfare aziendale passa dall’analisi dei reali bisogni dei lavoratori, dell’ambiente di lavoro alla percezione stessa del lavoro.

 

Per poter implementare nella propria azienda un piano di welfare aziendale che abbia concrete possibilità di successo bisogna verificare con la maggiore precisione possibile quali sono le effettive necessità delle persone che lavorano con te e delle loro famiglie. Stabilire dei servizi sulla scorta della propria personale (quindi soggettiva) opinione, ci si espone al fallimento dell’operazione con ripercussioni negative sull’azienda, in parole povere rischi di buttare soldi dalla finestra ed ottenere l’effetto contrario ovvero una diminuzione della qualità produttiva nonché della competitività, che non è esattamente ciò di cui hai bisogno.

Come fare a sapere tutto ciò? Una maniera piuttosto semplice è quella di predisporre un questionario, o meglio di diversi questionari ottimizzati per le varie realtà della tua azienda, uno per i dipendenti, uno per il management senza tralasciare quello per i fornitori ed uno per i clienti.

Questa indagine, seguita da un’accurata analisi dei risultati, ti consentirà di predisporre un piano di servizi realmente adeguato selezionando fra i tanti, soltanto quelli considerati veramente utili dalla maggioranza delle persone, certo non si potrà accontentare tutti, ma così facendo ti metterai nelle condizioni migliori per rendere il tuo piano di welfare funzionante.

Basta seguire degli step ben precisi e si otterranno ottimi risultati, ad esempio:

  • Mappatura dei lavoratori per categoria – età – istruzione – nucleo famigliare – genere ecc.
  • Coinvolgere la componente sindacale per ottenere maggiore appoggio all’iniziativa
  • Redigere uno specifico accordo sindacale, anche a fini fiscali, per avere la piena deducibilità degli elementi di welfare
  • Comunicare con la massima chiarezza possibile a tutti i dipendenti lo scopo dell’iniziativa
  • Distribuire il questionario a tutti i dipendenti management compreso
  • Elaborazione dei dati
  • Presentare il progetto e discutendolo con tutti i dipendenti
  • Selezione dei servizi da sottoporre magari sotto forma di catalogo fra cui scegliere
  • Post attuazione piano di welfare misurare l’indice di gradimento per apportare eventuali modifiche.

Un progetto di welfare aziendale non si conclude alla distribuzione di qualche buono pasto, si tratta di un progetto, che coinvolge fra parentesi diverse professionalità (te ne parlo qui) ed è sicuramente di lungo periodo affinché possa apportare dei reali benefici alla tua azienda ed alle persone che lavorano con te.

Seguendo i passi che ti ho esposto sopra, avrai un eccellente punto di partenza per definire un piano di welfare aziendale di successo e non finisca in un flop con il doppio risultato di buttare soldi dalla finestra e scontentare ancora di più le persone che collaborano con te con tutte le conseguenze negative che puoi ben immaginare in termini di perdita di produttività e di competitività.

Se vuoi approfondire il discorso sul welfare aziendale puoi leggere anche:

Più competitività con il welfare aziendale

Welfare aziendale fra cliente e lavoratore

Progettare il welfare aziendale partendo dal clima!

Welfare aziendale e sinergie professionali la ricetta vincente! 

Ora però voglio sentire la tua, hai già pensato di implementare un piano di welfare nella tua azienda? 

Se non lo hai ancora fatto contattami così ne potremo parlare in maniera più approfondita!

A presto

Mauro Valentino

 

 

18 Gen 2018

Welfare aziendale? Questione di emozioni e comunicazione!

Il Welfare aziendale si colloca fra il contesto emotivo e quello comunicazionale.

Il welfare rientra proprio nel contesto emotivo, pianificare un progetto di welfare non può prescindere dal guardare i collaboratori, gli impiegati, gli operai e vedere non solo dei prestatori d’opera bensì significa vedere le loro famiglie, le loro difficoltà personali, anche fuori dall’ambiente lavorativo, cercare di comprendere il mondo che circonda la tua azienda. Dove vivono queste persone? Esistono servizi, scuole, strade adeguate? Qual’è la percezione che possiedono dell’azienda? In quali termini ne parlano fra di loro e con i loro contatti social?
Il welfare è lo strumento che può efficacemente portare le persone ad accettare anche quei continui, sovente molto profondi cambiamenti a cui sono sottoposte oggi le aziende grandi e piccole, per questo bisogna pensare in maniera seria alle emozioni delle persone a ciò che pensano, ai loro sentimenti nei confronti dell’azienda, perché il cambiamento spiazza, non piace, crea un senso costante di insicurezza e l’ instabilità emotiva si va a ripercuotere negativamente sulla qualità della produzione.

Il welfare certo non risolve tutti i problemi del mondo, ma aiuta tantissimo sviluppando nelle persone il senso di appartenenza, con conseguente ripresa di controllo della situazione da parte di tutti gli attori coinvolti, operai,tecnici, manager,imprenditori, portandovi tutti insieme a superare l’insicurezza insita nei cambiamenti.
Comunicare nella maniera più capillare ed adeguata possibile a tutti, (quando dico tutti intendo proprio tutti) in azienda dove si sta andando e perché, creare una unitarietà di intenti, aiuta le persone a non sentirsi in balia degli eventi, permetterà a tutti i dipendenti di avere ben chiaro in testa quale sia la catena di comando, il chi fa che cosa, consentirà a tutti di partecipare e conoscere la direzione presa dall’azienda, quali scelte strategiche sono state messe in campo e perché, porterà i dipendenti a responsabilizzarsi nei confronti dell’azienda, facendo scomparire il costante stato di ansia ed il senso di inutilità in quello che si sta facendo, situazione fin troppo ricorrente nelle aziende italiane.

Leggi pure: “Come progettare il welfare aziendale”

– La formazione

Un buon esempio di welfare dovrebbe passare dalla formazione continua delle persone che lavorano con noi, preparare le persone a svolgere compiti differenti in maniera che possano sempre essere “intercambiabili” oppure a svolgere in un altro modo i compiti quotidiani, offre grandi opportunità, permette di avere personale più qualificato, intercambiabile in ogni momento, inoltre consente al manager oppure all’imprenditore di individuare e valorizzare quelle risorse che gli consentiranno un aumento qualitativo dell’intera produzione, sarà importante anche per il personale che si vedrà aperta una vera possibilità di crescita professionale una volta tanto fondata sulla meritocrazia.

– Comunicazione interna

Un piano di welfare aziendale non ben comunicato o peggio non comunicato affatto, che non riesca a coinvolgere direttamente coloro che lavorano nell’azienda a tutti i livelli, dall’operaio al manager, all’imprenditore, o che abbia come unico obiettivo il solo abbattimento dei costi, lo rende inevitabilmente superficiale e necessariamente temporaneo, di conseguenza destinato al sicuro fallimento, con gravi ripercussioni sull’imprenditore, sull’azienda e conseguentemente anche sul territorio.
Una comunicazione interna portata avanti con professionalità ricorrendo anche all’ utilizzo di tecnologie innovative, pensiamo per un attimo invece delle mail, che vanno, vengono, si leggono, non si leggono, all’utilizzo di Telegram per le comunicazioni interne aziendali, facile, veloce, sicuro, utilizzando questa piattaforma tutti i lavoratori saranno sempre in grado di conoscere cosa sta accadendo intorno a loro, andandosi ad integrare sempre più in una comunità compatta. Innovare, pensare in maniera laterale, sono le grandi virtù delle PMI italiane che le hanno rese famose ed invidiate in tutto il mondo, direi che è giunta l’ora di mettere davvero in pratica queste virtù.

A tal proposito puoi anche leggere: “Progetta il welfare aziendale partendo dal clima”

– Comunicazione esterna

Significa impostare un piano di comunicazione che vada a promuovere sul territorio e non solo, i valori aziendali, che rafforzi in questo modo la posizione del brand, comunicare in maniera forte e costante quanto si sta facendo in azienda in termini di etica, di responsabilità sociale, ad esempio si potrebbe redarre un codice etico, oppure un bilancio sociale o ancora meglio uno ambientale perché no? Queste iniziative serviranno per rafforzare in maniera formidabile il posizionamento del brand sul mercato, con relativamente poca spesa si potranno ottenere vantaggi enormi!
Oggi siamo tutti immersi nel web, esso è divenuto oramai un prolungamento della realtà quotidiana, un aspetto della comunicazione esterna di cui tenere in debita considerazione è che le persone parlano e non più soltanto fra di loro! Oggi siamo connessi al mondo intero, ogni tuo dipendente non è solo un operaio è il tuo (forse inconsapevolmente) agente gratuito di marketing! Un ambiente negativo, poco pulito, con scarsa attenzione alle esigenze delle persone, che non consente una vera crescita professionale, non porterà certo i dipendenti a parlare in maniera positiva dell’azienda, con i social media la percezione che le persone hanno della propria azienda si amplifica a dismisura ed arriva inevitabilmente alle orecchie dei tuoi clienti, che di riflesso non saranno certo portati ad amare i tuoi prodotti con le logiche conseguenze in termini di perdita di competitività che ti lascio immaginare.

In definitiva da un buon piano di welfare hai soltanto da guadagnare e per di più con degli investimenti minimi. Il punto però è che un piano di welfare va organizzato per bene, non è un escamotage per “fare cassa” bensì un investimento di lungo periodo per la tua azienda (e le tue tasche).

Visto che sei arrivato fino a qui, direi che è giunto il momento di espormi il tuo pensiero, hai mai pensato di comunicare nella tua azienda un piano di welfare aziendale?

11 Gen 2018

Progetta il welfare aziendale cominciando dal CLIMA!

Un piano di Welfare Aziendale affinché abbia successo, il primo passo è quello di creare un clima adeguato alla sua implementazione. 

Certo creare un piano di Welfare Aziendale in una bottega artigiana con 2 assistenti è una cosa, uno stabilimento con 200 operai è faccenda più complessa. Il che non significa impossibile, significa soltanto che dovrai lavorare molto ed in maniera capillare. Per rendere il clima aziendale idoneo all’implementazione di un piano di welfare dovrai motivare, coinvolgere, prenderti cura e formare i lavoratori in modo che siano preparati ai continui cambiamenti imposti dal mercato odierno, orientandoti sempre verso la ricerca di innovazione e maggiore qualità. Pianificare con attenzione e lasciare i giusti margini di autonomia e manovra alle persone nello svolgimento dei propri compiti. Affrontare le resistenze interne che sono inevitabili, (i cambiamenti lo sai, non piacciono a nessuno) non con il metodo dell’imposizione dall’alto ma con il dialogo e la persuasione, con l’informazione e la responsabilizzazione nei confronti dell’azienda. Un buon clima aziendale significa prestare la giusta attenzione alle domande, ascoltare in maniera proattiva, dare enfasi ai risultati positivi raggiunti, incoraggiare e motivare nel caso di risultati negativi.

Il clima aziendale in realtà è dato da un insieme di sensazioni soggettive di cui tu, in qualità di titolare devi (o almeno dovresti) essere perfettamente a conoscenza, ad esempio: 

  • Come percepiscono i dipendenti la propria realtà lavorativa?
  • E la leadership del management?
  • L’andamento generale dell’azienda?
  • I rapporti fra di loro?
  • Come percepiscono i rapporti con i clienti?

Inizia sempre dal clima aziendale:

Incomincia dal sentiment più diffuso, tieni presente ovviamente che lo scontento ci sarà sempre, ma avere il polso della situazione generale è un buon punto di partenza su cui andare a lavorare. Se il clima aziendale non è sereno, predisporre un piano di welfare aziendale sarà un buon punto di partenza per poterlo migliorare, se al contrario nella tua azienda esiste già un ambiente positivo, sereno e collaborativo, un piano di welfare sarà più facilmente compreso ed accettato.

L’emotività, l’affettività sono le leve principali, una grande affettività verso l’azienda, un giudizio sostanzialmente positivo verso la sua organizzazione interna,  porta ad un calo del turnover si ottiene una maggiore produttività, più collaborazione fra colleghi ed innalzamento esponenziale della qualità finale del prodotto/servizio.

Le relazioni fra le persone all’interno dell’azienda le relazioni con il management, il sistema organizzativo nel suo complesso vanno analizzate e se il caso messe in discussione e riprogettate. Non è possibile pensare ad un piano di welfare aziendale senza tener conto del sentiment generale e del clima aziendale nel suo complesso.

Adesso però voglio sentire la tua, conosci perfettamente il clima della tua azienda?

Vuoi sapere come si implementa un piano di welfare aziendale? Contattami e ne parleremo insieme.

 

16 Nov 2017

Più competitivo con il Welfare aziendale!

Forse non ne siamo perfettamente consapevoli, ma la maggior parte della nostra vita la passiamo al lavoro piuttosto che a casa con i nostri cari.
Purtroppo tutto questo si riflette in maniera negativa sulla qualità complessiva della nostra vita, sulla nostra salute ed in un’ottica più allargata, anche sulla competitività aziendale e nazionale.

 

Lo stress da lavoro, patologia ampiamente riconosciuta e di cui soffre 1 lavoratore su 4, incide in maniera pesante non solo sulle nostre singole esistenze ma…
Sull’intero processo di produttività.
In buona sostanza se un dipendente o un manager, vivono la propria attività in un ambiente sano, armonioso, gestito in maniera responsabile, sono decisamente più produttivi, più fidelizzati all’azienda, si ammalano meno, in poche parole producono di più e meglio.

Fino a qui ti sto dicendo che esiste l’acqua calda!

Purtroppo la stragrande maggioranza delle PMI, almeno quelle Italiane, sia ancora molto indietro rispetto ad altre realtà.
Secondo stime OCSE al 2013 l’ammontare delle prestazioni non obbligatorie erogate dalle imprese rispetto alla spesa sociale complessiva in percentuale sul PIL:
Gran Bretagna 14%

Francia 7%

Germania 7%

Italia 2,1%

 

Il dato, in apparenza sconfortante, in realtà ci dice che esiste un enorme margine di manovra.
Eppure le aziende che si sono lanciate nel promuovere il welfare aziendale oggi sono riuscite ad ottenere i seguenti vantaggi:

  • Maggiore fidelizzazione dei dipendenti
  • Sviluppo del senso di appartenenza
  • Attraggono in misura maggiore le alte professionalità
  • Migliorano la qualità della produzione
  • Riducono il fenomeno dell’ assenteismo
  • Aumentano la competitività complessiva
  • Ottengono un risparmio di lungo periodo delle imposte sul reddito

 

Stress aziendale

 

Applicare il welfare aziendale non è impossibile, bisogna però avere le idee chiare ed impostare le corrette strategie, in linea di principio sono 4 le aree su cui lavorare:

  • Tutela pensionistica
  • Assistenza sanitaria
  • Servizi assistenza ai famigliari (bambini ed anziani)
  • Misure che concilino vita privata e lavoro (lavoro da remoto)

L’idea è quella di rispondere al costante ed inesorabile declino del welfare pubblico, riportandolo dall’esterno, all’interno dell’azienda che verrà vissuta più come una piccola comunità di persone che hanno un obiettivo comune e non che come un luogo dove si viene considerati soltanto un numero.
Le possibili soluzioni di welfare pertanto potranno essere:

  • Congedi parentali
  • Orari flessibili
  • Part time
  • Lavoro da remoto

Oppure mettere in campo delle iniziative per i dipendenti e per i giovani come ad esempio:

  • Incentivi alla mobilità (abbonamento metro o pullman)
  • Servizi ricreativi culturali abbonamento palestre biblioteche ecc.
  • Spacci aziendali
  • Polizze infortuni extra-professionali

Ti ricordo che i servizi di welfare aziendale…
Non concorrono a formare reddito!

A differenza dei premi di produttività e già solo questo argomento ti dovrebbe interessare, un aspetto questo, che andrò ad esplorare più nel dettaglio nei miei prossimi articoli, se avrai la pazienza di leggerli, comprenderai meglio quali vantaggi fiscali potrai ottenere ed in che misura.
Il welfare aziendale diventa quindi la nuova frontiera della produttività, consentendo al lavoratore di ottenere un aumento reale della retribuzione oltre che favorire la conciliazione vita /lavoro potendo gestire in modo equilibrato la propria vita lavorativa con quella privata.

“l’agente economico sono gli esseri umani ed i modelli economici ne devono tener conto”.
(Richard Thaler)

Per le aziende, oltre ad ottenere una significativa ottimizzazione fiscale, si vedranno ridurre i costi nel caso di turn over, migliorando contestualmente la propria reputazione, il clima aziendale e definendo politiche retributive più in linea con le esigenze dei dipendenti.
Ora dimmi pure la tua, hai mai pensato nella tua azienda di creare un progetto di welfare? 

23 Ott 2017

Successione in Azienda ciò che (FORSE) non sai

Successione in azienda ciò che (FORSE) non sai

In Italia il 75% delle aziende è a carattere familiare, di esse, circa il 25% è guidato da un ultra 70enne, e il 18% dovrà gestire, entro i prossimi 5 anni la successione (dati osservatorio AUB, per approfondimenti segnalo il seguente link:  http://www.aidaf.it/attivita/studi-e-ricerche).

Sempre secondo la medesima ricerca, solo il 30% delle Aziende, anche a causa della crisi economica e della digital transformation in atto, sopravvive alla seconda generazione, di queste:

 

Solo il 13% delle PMI sopravvive alla terza generazione!

 

Il tema della successione aziendale assume quindi in Italia, un valore strategico, non solo al fine di non dissipare patrimoni familiari, ma anche per garantire la continuità aziendale e di conseguenza anche quella occupazionale.

Per esperienza diretta, quando si affrontano certi argomenti ci si trova, purtroppo, spesso a fare i conti con una sorta di rifiuto a priori, dettato sovente anche da qualche forma di scaramanzia/superstizione.

L’ irrazionale prende il sopravvento, facendo spesso procrastinare, con qualche rischio, la presa di decisioni che, al contrario, se pianificate per tempo, non potrebbero far altro che regalare serenità sia all’imprenditore che ai suoi eredi.

Bisogna assolutamente prendere il “toro per le corna” e capire che pianificare per tempo è l’unica strada da seguire.

Il Consulente Finanziario, in qualità di profondo conoscitore della famiglia dell’imprenditore, può e deve svolgere un ruolo di “regia” in questa delicata fase di vera e propria “consulenza patrimoniale” all’imprenditore proprio cliente.

Diventa infatti quel “trait d’union” fra i vari professionisti (come avvocati, commercialisti, notai) che entreranno in gioco nelle varie fasi di pianificazione di questo passaggio di consegne.

Cosa si intende esattamente con passaggio generazionale?

Con passaggio generazionale si intende la pianificazione a tavolino della propria successione aziendale o familiare, il che non significa semplicemente decidere le divisioni in funzione della conclusione del proprio ciclo di vita, si può pianificare il passaggio generazionale anche in previsione della cessazione della propria attività lavorativa semplicemente  per andare in pensione!

Perché fare tutto questo?

  1. Fiscalità: considerato che (ancora per poco) in Italia beneficiamo di aliquote di successione ancora da “paradiso fiscale”, perché rischiare che il proprio patrimonio, faticosamente costruito, possa essere decurtato pesantemente da imposte?
  2. Evitare contenziosi fra gli eredi, sovente devastanti
  3. Decidere a priori, attraverso gli strumenti opportuni, come suddividere le proprie attività e le proprie ricchezze ed evitare quindi anche eredi “scomodi”
  4. Garantire, sempre attraverso gli opportuni strumenti, la continuità aziendale.

Basta semplicemente fermarsi un attimo a riflettere, e si capirà come la “pianificazione successoria” da parte dell’imprenditore sia essenzialmente sia un’ulteriore (forse la più importante!) assunzione di responsabilità, verso se stessi, verso la propria “creatura” e verso i propri affetti.ì

– Ma con quali strumenti?

Esistono molti strumenti per poter ben pianificare il ricambio generazionale nella tua azienda o attività commerciale, dai più semplici ai più sofisticati, dipende ovviamente dalle esigenze peculiari tue e della tua famiglia.

  • Testamento
  • Patto di Famiglia
  • Polizze Vita
  • Fondi Patrimoniali
  • Trust
  • Delega manageriale

Sono un esempio degli strumenti che si possono adottare per definire al meglio questo passaggio. Ognuno di questi strumenti ha caratteristiche peculiari che sono molto utili a risolvere esigenze specifiche e potranno essere utilizzati sia singolarmente che in abbinamento.

Nei miei prossimi articoli vedremo insieme il funzionamento degli strumenti sopra indicati e faremo, sempre insieme, una valutazione di quando ed in che modo, usarli.

Adesso però dimmi la tua, per pianificare il tuo passaggio generazionale quale strumento utilizzeresti?

Rispondi pure nei commenti oppure prenota una consulenza gratuita ti basta cliccare qui sotto:

www.maurovalentino.com

Mauro Valentino

P.S.

Qui di seguito ti lascio un link a due testimonianze di passaggi generazionali ben riusciti: Riso Gallo e Bauli.

Buona lettura!

https://www.digital4.biz/pmi/approfondimenti/passaggio-generazionale-e-patti-di-famiglia-i-casi-di-riso-gallo-e-bauli_43672159996.htm

 

07 Mar 2017

Bail In e Tassi negativi COME Gestire la Liquidità Aziendale

Bail In e tassi negativi come gestire la Liquidità aziendale.

Come gestire la liquidità aziendale in un mondo dominato dal pericolo di Bail In e da tassi negativi? Qui ti fornirò le mie soluzioni.

Il problema maggiore dei responsabili gestione della liquidità di un’impresa (CFO), un tempo si riduceva alla ricerca della banca che offrisse i rendimenti più alti sui conti correnti, conti deposito eventuali pronti contro termine e/o simili.

Oggi viviamo una nuova normalità

Il mondo in cui siamo stati abituati a muoverci caratterizzato da tassi di interessi positivi non esiste più, bisogna prenderne atto ed adattarsi a questa nuova normalità dei tassi negativi.

– Come non bastasse si aggiunge anche il Bail In…

La nuova normativa del “Bail In” ha generato grossi timori, riguardo il reale impatto finanziario sulle piccole e grandi imprese che collaborano quotidianamente con il sistema bancario.

Oltre a ciò lo scenario economico attuale, dominato da tassi negativi, ha completamente sconvolto la vecchia concezione di deposito remunerato: anzi, come sta già succedendo in alcune zone europee, paesi scandinavi e Svizzera in primis…

Leggi: Anche in svizzera tassi negativi

La cosa più probabile che potrà avvenire sarà l’applicazione di tassi negativi anche alle giacenze di liquidità.

– Cosa ci dice il mercato

Per meglio comprendere il fenomeno, osserviamo insieme da vicino cosa ci dice il mercato:

  • Il parametro Euribor è negativo fino a 12 mesi http://www.euribor.it/
  • Il tasso di interesse sui depositi presso la Banca Centrale Europea (e cioè la liquidità della Banche depositata in BCE) è negativo ( -0,40%)
  • I rendimenti delle obbligazioni governative sono negativi (Vedi Tabella qui sotto)

 

 

 

 

La Germania o la stessa Svizzera, ci danno rendimenti negativi fino a 10 anni  Nel primo caso e addirittura fino ai 30 anni nel secondo caso.

Se invece amiamo rischiare un po’ di più, allora il BTP italiano a 30 anni mi regala un favoloso 2% lordo!

– BCE e la politica dei tassi negativi

La politica della BCE, dal mio punto di vista la ritengo più che giustificata; infatti a novembre 2016 sono circa 500 miliardi i depositi liquidi delle Banche presso la BCE, significa che:

Le Banche non stanno facendo le Banche

Cioè erogare credito all’economia, alle imprese (in quanto attività troppo rischiosa) preferendo tenere ferma la liquidità con il risultato di bloccare il sistema.

La politica dei tassi negativa della BCE serve appunto per

Spingere le Banche a trovare “profittevole” l’erogazione di finanziamenti

Rispetto al pagare per tenere ferma la loro liquidità.

Si è capovolto il concetto di gestione di liquidità: oggi è la sicurezza che conta, che di conseguenza si paga!

– Quali conseguenze

La strategia di gestione della liquidità e degli investimenti ha infatti visto mutare repentinamente il contesto normativo e di mercato in cui si è mossa per decenni.

  • Tassi positivi di remunerazione scomparsi
  • Chi li offre è fuori mercato
  • Quindi ha un problema
  • Per risolvere il problema fa offerte fuori mercato
  • Quindi non è un emittente sicuro

– Come la gestisco la liquidità aziendale?

Prima di qualsiasi approccio alla gestione della liquidità dovresti dare risposta alle seguenti domande:

  • Posso investire in strumenti diversi dal conto corrente bancario?
  • Se delle durate maggiori mi garantiscono un rendimento maggiore quali sono le scadenze più idonee?
  • Che tipo di approccio adottare per massimizzare i rendimenti schiacciando il rischio?
  • Quali strumenti utilizzare per evitare eventuale procedura di Bail In?

– Un suggerimento pratico

Valutare attentamente i cash flow (flussi) in entrata ed in uscita per identificare le corrette scadenze e quindi verificare il punto di maggior rendimento.

Un passo importante questo per evitare disinvestimenti non programmati che porterebbero facilmente a perdite in conto capitale.

– Domanda…ma quanto e su quali scadenze?

L’idea è quella di ottenere un rendimento remunerativo, ma al tempo stesso detenere una parte dei fondi in liquidità pura per la gestione delle uscite di cassa previste e non, oppure previste ma in maniera non corretta.

Se ci si focalizza troppo su di un singolo aspetto si rischia di sottovalutare pericolosamente l’altro ottenendo un investimento troppo ingessato ma se ci si concentra eccessivamente sul secondo aspetto il rischio è quello di avere sì un investimento flessibile ma non remunerativo.

Una possibile soluzione sarebbe quella di investire su strumenti con scadenze immediatamente antecedenti alle uscite di cassa previste, in questo modo non si dovrà ricorrere a disinvestimenti imprevisti ed otterrò il grande vantaggio di sfruttare appieno la curva dei tassi.

– Ma se non conosco i futuri cash flow?

Una possibile soluzione sarebbe quella di utilizzare strumenti finanziari con scadenze progressive, certo questo tipo di soluzione non elimina completamente il rischio legato ai disinvestimenti imprevisti, ma ne limiterà di molto l’impatto, vendendo lo strumento con la scadenza più prossima.

– 3 consigli personali

Voglio offrirti il mio punto di vista, che potrai tranquillamente commentare nello spazio disponibile al fondo dell’articolo, anzitutto affidati ad un Istituto che sia solido e con competenze certificate, attenzione agli specchietti per le allodole.

In caso di accantonamenti di liquidità per TFR , TFM o TFC dei dirigenti o/e collaboratori, puoi valutare l’utilizzo di polizze specifiche rivalutabili a premio unico per testa. Questi contratti prevedono la garanzia del capitale versato dal Contraente (L’Azienda) in quanto trattasi di fondi da destinare ai dipendenti/collaboratori (gli assicurati) in caso di fine del rapporto di lavoro/collaborazione oltre agli indiscussi vantaggi fiscali che ti ricordo qui di seguito:

Deducibilità dal reddito d’impresa del 6% del TFR annualmente versato ai Fondi
Pensione (4% per l’imprese con più di 50 dipendenti)

Esonero dal versamento del contributo al Fondo di garanzia del TFR (pari allo
0,2% del monte retributivo)
Riduzione degli oneri impropri (indennità da malattia, da disoccupazione, etc.) a
carico del datore di lavoro (dallo 0,19% del 2008 allo 0,28% del 2014)
Esonero rivalutazione del TFR (¾ tasso inflazione + 1,5%) e relativo
versamento imposta dell’11,5%
Sull’eventuale contributo versato a favore del dipendente, contributo di
solidarietà del 10% (anziché oneri previdenziali del 23,81%)
Liquidazione del TFR al dipendente direttamente da parte del Fondo; nessun
anticipo di denaro da parte dell’azienda (richiesto anche se il TFR viene trasferito
al Fondo Tesoreria INPS)

3. Gestione Professionale della liquidità’ , con soluzioni studiate su misura, a seconda delle esigenze pianificate dell’Azienda, si tratta di strumenti ritagliati a misura di azienda che soltanto gli Istituti maggiormente (solidi) e strutturati possono offrirti.

 

– Il tasso Vs. Gestione professionale

Per farti comprendere meglio i vantaggi del secondo modo di gestire la liquidità, basta mettere a confronto quello che offre il mercato attualmente:

vedi: www.confrontaconti.it

a 12 ExtraBanca offre un tasso effettivo netto dell’ 1,29%

Ma chi è ExtraBanca?

Non si conosce un granchè…25 milioni di euro di capitale, possiede 5 sportelli in tutto, non sono disponibili CET1 ne’ tantomeno un Rating ufficiale.

Un Banca di piccole dimensioni, che sta crescendo?

Oppure abbiamo l’ 1,13% effettivo netto offerto da Bancadinamica, la banca online del gruppo cassa di Risparmio di San Miniato, che sta attraversando un momento complicato, alle prese con aumenti di capitale e tagli importanti:

Leggi per approfondire: http://www.italiasalva.it/2016/09/obbligazioni-subordinate-carismi-cassa-risparmio-san-miniato-ko.html

Il mercato offre redimenti ( tra l’altro striminziti ) quando ha un problema!

Come ti ho esposto sopra in questa fase storica è sicuramente conveniente rivolgersi ad Istituti solidi e con competenze specifiche in materia che siano certificate:

 

 

RATING “AA” fonte Standard & Poors e soprattutto un know how di altissima qualita’ data dal servizio di consulenza professionale e dalla possibilità’ di poter collaborare con i miglior asset manager al mondo.

Voglio fornirti un esempio di una gestione basata su una accuratissima diversificazione del rischio, bassissima volatilità’ (0,9%) e orizzonte temporale da 1 a 3 anni.

 

 

Adesso mi rivolgo a te, anzitutto grazie per essere arrivato fino in fondo, poi mi piacerebbe conoscere il tuo punto di vista:

Ritieni che una polizza espressamente strutturata sulle peculiarità della tua azienda possa essere una soluzione interessante?

Hai altre soluzioni da proporre? Usa lo spazio qui sotto per esporre le tue idee, sarà un piacere poter conversare insieme sul tema.

A presto

Mauro

P.S.

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