Secondo i risultati di un’analisi “Indagine per i bisogni degli under 35” condotta da Jountly su un campione di 3.200 dipendenti di oltre 10 aziende un dato è emerso in maniera chiara ed è quello che la percezione circa il welfare appare significativamente mutata.
Il dato che emerge con maggiore chiarezza dalla ricerca condotta da Jointly è che, al contrario di quanto ci si aspetterebbe, le iniziative di puro vantaggio economico non sono in cima alla lista delle esigenze.
Emerge anzitutto una certa insofferenza per le iniziative di welfare preconfezionate ed uguali per tutti, come ad esempio i classici buoni pasto e soluzioni di aumento salariale.
Stare bene, sia dentro che fuori il luogo di lavoro, questo è il dato che emerge dalla ricerca, le iniziative a carattere individuale, la massima personalizzazione, la conciliazione fra vita privata e lavorativa (work-life balance, smart working) iniziative che portino con sé una forte connotazione sociale e valoriale, sono in cima alla lista delle esigenze ed al centro dell’attenzione in fase progettuale dei piani di welfare più innovativi.
I millenials sono forti consumatori di iniziative di welfare e ne fruiscono in maniera massiva rispetto ai loro colleghi più “anziani” maggiormente legati alle iniziative preconfezionate o di carattere economico.
Fra i servizi maggiormente richiesti troviamo oltre ad iniziative di work-life balance, sempre apprezzate dalle donne, ma che stanno conoscendo un discreto successo anche fra gli uomini.
Sicuramente lo smart working, in tutte le sue declinazioni è la strada più battuta oggi dalle aziende maggiormente competitive insieme alle iniziative di flessibilità, part time ed orari personalizzati.
Per approfondire puoi anche leggere Smart Working per aumentare e migliorare la produttività
Senza tralasciare i servizi di welfare dedicati alla formazione, alla cura della persona ad esempio con sconti presso palestre o centri estetici, ci sono aziende che addirittura offrono servizi per la cura della fertilità delle proprie risorse.
O ancora alla possibilità di poter portare con sé i propri animali domestici oppure pensare alla creazione di spazi dedicati ai figli più piccoli dei dipendenti, sollevando il personale dalle incombenze legate al trasporto e gestione del minore, che contribuisce non poco a migliorare il benessere complessivo del personale coinvolto.
Altro servizio che andrebbe rivisitato riguarda le polizze, come quelle di previdenza e sanitarie, che vadano oltre il mero rimborso medicinali o esami clinici e polizze di previdenza che siano il più personalizzate possibile.
Sicuramente è preponderante l’esigenza di poter accedere ad un ventaglio di soluzioni fra cui il dipendente potrà scegliere quelle che ritiene più adatte alle sue esigenze.
Ascoltare (davvero) i bisogni dei propri dipendenti, tramite interviste e questionari o facendo ricorso ad agenzie esterne specializzate in servizi di welfare.
Per approfondire puoi leggere anche: Welfare Aziendale? Usa i Questionari!
Collaborare insieme ai tuoi dipendenti, per migliorare il clima aziendale
Personalizzare il più possibile le varie iniziative, magari creando dei pacchetti fra cui i dipendenti potranno selezionare quelle che meglio si adattano alle esigenze di ciascuno.
Progettare insieme al personale tutto, soluzioni di welfare sempre più personalizzate, ti metterà in grado di cementare il senso di appartenenza, fidelizzare il dipendente nei confronti della tua azienda, con tutti i benefici del caso, produzione qualitativamente superiore, aumento della competitività, riduzione del turn over, benefici fiscali per te e la tua azienda.
Hai letto fino a qui ottimo, dimmi una cosa, nella tua azienda hai già implementato un piano di welfare? Hai tenuto conto della tua popolazione dei millenials?
Usa lo spazio dei commenti per farmi sapere cosa ne pensi.
A presto
Lo so cosa stai pensando no, non me lo sono sognato questa notte, sono le risultanze del convegno sullo stato dello smart working in Italia tenuto dall’osservatorio Smart Working della School of Management del politecnico di Milano svoltosi lo scorso ottobre a Milano.
Gli studi condotti dall’osservatorio, confermano che la gestione autonoma dei tempi e degli spazi lavorativi genera un 15% in più di produttività, migliorando al contempo anche la qualità complessiva sia del prodotto/servizio offerti, oltre che il clima aziendale.
Applicare strategie strutturate di smart working nella propria azienda piccola o grande che sia, porta a degli innegabili vantaggi per tutti gli attori coinvolti, dall’imprenditore al manager al dipendente.
Pensiamo alla riduzione dei tempi e relativi costi di trasferimento da e per il luogo di lavoro, abbattimento dei quali per un dipendente equivarrebbero già ad un considerevole aumento di stipendio, oppure al miglioramento del work-life balance che interessa in particolar modo le donne, che potrebbero in questo modo meglio coniugare gli impegni personali con quelli lavorativi usufruendo proprio della flessibilità offerta dallo smart working.
Con l’introduzione di un progetto di smart working diffuso si viene a ridurre in maniera drastica anche l’assenteismo, proprio in virtù del miglioramento del clima aziendale, dove si verrà ad instaurare un vero rapporto fiduciario non solo fra imprenditore e manager, ma anche fra manager e dipendenti e fra imprenditore e dipendenti, aumentando di conseguenza la fidelizzazione dei collaboratori con tutti i vantaggi in termini di aumento della produttività sia in termini qualitativi che quantitativi.
Fra le altre cose si andranno a tagliare in maniera considerevole anche i costi delle strutture fisiche (gli uffici) che andranno riprogettati in un’ottica di smart working diffuso sia in termini di allestimento che in quelli di dimensione, riduzione quindi della voce di costo che per un qualsiasi imprenditore non è proprio l’ultima nel bilancio!
Con le tecnologie odierne, prime fra tutti il Cloud, si consente la compressione dei costi legati all’hardware ed al software, ma più di tutti, se ben pianificato, consente di lavorare, comunicare e collaborare con i propri manager ed i propri dipendenti condividendo le informazioni con i vari team in tempo pressoché reale ovunque nel mondo.
I dipendenti ed i manager dal canto loro potranno, a seguito della maggiore e migliore produttività, più facilmente accrescere il proprio reddito, grazie agli avanzamenti di carriera oppure a benefit di varia natura, forniti per il conseguimenti di risultati, mentre per il pubblico femminile si offre la straordinaria possibilità di poter meglio gestire il proprio work life balance, potendo gestire in maniera equilibrata impegni privati (figli,scuola, asilo, spesa, faccende domestiche) con quelli lavorativi in maniera decisamente più elastica e ritagliata su misura.
Attualmente lo smart working sta maturando ed a mio avviso si trova in una fase in cui ha lasciato la fase embrionale e si appresta a diventare un mercato maturo.
Sempre secondo i dati della ricerca condotta dall’osservatorio sullo smart working il 36% delle grandi imprese ha già messo in campo progetti strutturati anche se progetti che abbiano portato ad un ripensamento complessivo dell’organizzazione del lavoro sono ancora limitati riguardando il 9% delle grandi imprese.
Anche fra le PMI si sta muovendo qualcosa, basti pensare che il 48% delle PMI intervistate si dichiara interessata a mettere in campo un progetto seppur limitato di smart working.
Sempre secondo le stime dell’osservatorio sullo smart working, citato sopra, considerato che ad oggi gli smart worker sono 350.000 su un totale complessivo di 5 milioni di lavoratori, supposto che nei prossimi anni lo smart working possa raggiungere il 70% dei lavoratori interessati, ne consegue che l’incremento della produttività media si stima intorno ai 13,5 miliardi di euro!
Lo smart working in Italia non potrà fare altro che crescere, la tecnologia oggi consente di poter svolgere in maniera efficace e soprattutto in sicurezza il proprio lavoro da remoto, sia come singolo che in team, offre la possibilità di poter condividere in tempo reale il proprio lavoro con il team, di poter gestire in maniera più proficua il tempo, pensa che il solo risparmio di tempo, attualmente dedicato agli spostamenti, sarà una risorsa preziosa che verrà destinata al lavoro, senza considerare che, anche solo 40/50 ore all’anno risparmiate porterebbe ad una riduzione di emissioni di CO2 si stima pari a 135 Kg per persona!
lo smart working rappresenta oggi per le imprese piccole o grandi che siano, la classica prateria verde, ripensare il lavoro in termini di flessibilità, autonomia, responsabilizzazione sono i cardini su cui si dovranno implementare le strategie di smart working di domani.
L’utilizzo in futuro dello smart working come regola e non più come eccezione sarà l’occasione per rendere le aziende italiane più produttive e flessibili, offrendo la possibilità di creare un vero rapporto fiduciario con i collaboratori aumentando la motivazione e facendo in modo che essi possano esprimere appieno la loro passione ed il loro talento.
Personalmente ritengo che lo smart working possa rappresentare oggi per un imprenditore un aspetto dell’organizzazione del lavoro che non può più permettersi d’ignorare, certo per implementare una vera strategia di smart working sarà necessario ripensare completamente l’attuale organizzazione del lavoro, ma i risultati ripagheranno tutto l’impegno profuso.
Bene hai letto fino a qui, adesso però dimmi la tua, pensi che nella tua azienda sia pensabile implementare una strategia, seppur limitata a qualche figura professionale, di smart working?
Lasciami i commenti qui sotto e ti risponderò quanto prima, a presto e grazie per il tuo tempo.
Mauro Valentino
Il welfare aziendale coniuga la necessità di protezione del potere di acquisto da parte dei lavoratori con l’esigenza di rendimento Aziendale.
I dipendenti in genere hanno la tendenza a sentirsi maggiormente tutelati all’interno di grandi aziende piuttosto che in quelle di più modeste dimensioni, questo perché la grande azienda possiede strutture e risorse adeguate a consentirgli di mettere in campo iniziative di welfare efficaci, al contrario le micro e piccole imprese hanno sovente difficoltà a gestire dei piani di welfare, perché non adeguatamente strutturate e sovente con budget insufficienti, eppure rappresentano il 99% delle imprese italiane ed assorbono l’81% della forza lavoro complessiva, ma nonostante questi numeri:
“ Solo il 21% delle piccole imprese dichiara di avere un piano di welfare a fronte di un 60% delle medie e del 69,2% delle grandi”
Fonte: OD&M Consulting
Il welfare aziendale non si esaurisce in un extra da fornire ai dipendenti, si tratta di un investimento di lungo periodo il cui obiettivo, a seguito del maggior benessere di dipendenti e loro famigliari è quello di rendere maggiormente competitiva sia in termini qualitativi che quantitativi la tua azienda.
Le imprese più piccole fin troppo sovente (non certo per mancanza di volontà) non possiedono le risorse per poter implementare dei progetti di welfare aziendale, hanno di conseguenza maggiori difficoltà a risultare adeguatamente competitive, con il rischio concreto di essere tagliate fuori dal mercato.
A questo punto la domanda che mi sono posto è come si può consentire anche alle aziende più piccole di poter accedere a questo processo virtuoso e beneficiare dei suoi vantaggi?
Al mattino entriamo nello studio, nel laboratorio, in negozio, nel nostro ristorante e tutti, ma proprio tutti, abbiamo uno smartphone in mano, forse non ne siamo consapevoli ma facciamo già parte di una rete, immensa, Internet…
Vero che la maggior parte delle aziende italiane sono piccole o di media dimensione, ma sono tante!
Io penso che integrare le aziende più “piccole” in un’unica grande rete, possa consentire loro di beneficiare degli innegabili vantaggi derivanti dall’applicazione di progetti di welfare aziendale, trovarsi all’interno di una rete, consentirà anche alle micro e piccole imprese di poter mettere in campo progetti di più largo respiro, sia al proprio interno, con servizi dedicati al personale, che all’esterno, con servizi ed agevolazioni alle famiglie dei dipendenti, da quelli più standardizzati fino ai servizi on demand ad esempio:
La legge numero 33 del 2009 prevede per le imprese di sottoscrivere un contratto di rete dove 2 o più aziende si obbligano ad esercitare in comune una o più attività economiche rientranti nei rispettivi oggetti sociali, allo scopo di accrescere la rispettiva capacità innovativa e la competitività sul mercato, attualmente sono 3 i modelli di sviluppo di una rete:
Affinché tutto ciò che ho detto si trasformi in realtà, bisogna apportare dei grossi cambiamenti a livello culturale dove fiducia, condivisione, partecipazione ed apertura al mondo esterno, saranno gli obiettivi comuni da perseguire, si renderà pertanto necessario creare un modello di business alternativo a quello individualistico e fortemente frammentato sul territorio tipico delle PMI italiane.
In conclusione, io ritengo che il fare rete per le PMI italiane sia la strada giusta per poi perseguire progetti di welfare aziendale che siano concretamente utili all’azienda, alle famiglie dei dipendenti, al territorio, che consentano di migliorare la produzione sia qualitativamente che quantitativamente aumentando le vendite ed acquisire nuovi spazi di mercato.
Adesso però mi piacerebbe conoscere la tua opinione.
Ritieni che un progetto d’integrazione in rete di aziende medio piccole, che operino in uno stesso settore oppure in settori correlati, possa essere una mossa vincente per poter implementare dei piani di welfare efficaci?
Dimmi la tua nei commenti e sarò lieto di poter conversare con te sul tema, se poi desideri approfondire il tema, confrontandoti con altri imprenditori e professionisti per scambiare idee, consigli ed opinioni, puoi iscriverti al mio gruppo Linkedin Corporate Welfare Corner
Questo modo di pensare generalizzato, molto probabilmente, è dovuto alla mancanza di una corretta informazione sulla materia perché, nella realtà, il conferimento del TFR a un fondo pensione può solo portare vantaggi economici all’azienda.
Ma partiamo dall’inizio.- Quanto costa questa forma di autofinanziamento all’Azienda?
Il Trattamento di Fine Rapporto rappresenta un costo del lavoro (7,41% della retribuzione lorda) che non può in ogni caso essere eliminato nemmeno con il trasferimento alla previdenza complementare, ma ci sono voci che, invece, possono essere risparmiate:
Ma facciamo un esempio pratico: quantifichiamo!
Prendiamo ad esempio un’azienda, Beta S.R.L. con 15 dipendenti che ha un costo, nell’anno, di 350.000,00 euro per le retribuzioni lorde. Quest’azienda dovrà versare al Fondo di Garanzia INPS lo 0,20% delle retribuzioni, pari a 700,00 euro. Il TFR maturato in corso d’anno è di 25.935,00 euro (il 7,41%) di cui 1.750,00 euro devono essere versati come contributo di solidarietà al Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti (lo 0,50%), quindi il TFR realmente accantonato (per i dipendenti) è pari a 24.185,00 euro ( 25.935,00 meno 1.750,00). Adesso ipotizziamo una rivalutazione annua pari all’1,70% che rappresenta un costo di 411,15 euro (1,70% di 24.185,00). Abbiamo quindi un costo complessivo del TFR di 1.111,15 euro (70o,00 per il Fondo Garanzia + 411,15 per la rivalutazione) che rappresenta, sulla quota di TFR considerato, il 4,6%.
Andiamo adesso a quantificare i risparmi fiscali e finanziari che la legge prevede per le aziende che trasferiscono il TFR dei dipendenti a una forma di previdenza complementare, ipotizzando che tutti e quindici i dipendenti aderiscano a un fondo pensione conferendo l’intero TFR maturando (24.185,00 euro). Ricordiamo, brevemente, le compensazioni previste:
Vediamo a quanto ammonta il risparmio riprendendo l’esempio precedente:
In sostanza abbiamo un risparmio, dovuto alle misure di compensazione, di
1.379,06 euro (399,06 + 980,00),
che rappresenta, in percentuale sulla quota di TFR considerato, il 5,7%.
Il risparmio complessivo
Nell’esempio che abbiamo analizzato, l’azienda che ha trasferito l’intera quota annua del TFR dei propri dipendenti ha, nel complesso:
Il risparmio complessivo risulta pari a
2.490,21 euro
(700,00 + 411,15 + 399,06 + 980,00) che corrisponde a circa 10 punti percentuali sul TFR considerato (24.185,00).
….senza contare….
Questo vuole essere semplicemente uno spunto per iniziare a ragionare sulla convenienza o meno di questo strumento.
Se pensi possa essere utile alla tua Azienda, fammelo sapere: sarò lieto di approfondire con te l’argomento e di prospettarti le migliori soluzioni a mia disposizione.
grazie per l’attenzione,
a presto
Mauro
Per poter implementare nella propria azienda un piano di welfare aziendale che abbia concrete possibilità di successo bisogna verificare con la maggiore precisione possibile quali sono le effettive necessità delle persone che lavorano con te e delle loro famiglie. Stabilire dei servizi sulla scorta della propria personale (quindi soggettiva) opinione, ci si espone al fallimento dell’operazione con ripercussioni negative sull’azienda, in parole povere rischi di buttare soldi dalla finestra ed ottenere l’effetto contrario ovvero una diminuzione della qualità produttiva nonché della competitività, che non è esattamente ciò di cui hai bisogno.
Come fare a sapere tutto ciò? Una maniera piuttosto semplice è quella di predisporre un questionario, o meglio di diversi questionari ottimizzati per le varie realtà della tua azienda, uno per i dipendenti, uno per il management senza tralasciare quello per i fornitori ed uno per i clienti.
Questa indagine, seguita da un’accurata analisi dei risultati, ti consentirà di predisporre un piano di servizi realmente adeguato selezionando fra i tanti, soltanto quelli considerati veramente utili dalla maggioranza delle persone, certo non si potrà accontentare tutti, ma così facendo ti metterai nelle condizioni migliori per rendere il tuo piano di welfare funzionante.
Basta seguire degli step ben precisi e si otterranno ottimi risultati, ad esempio:
Un progetto di welfare aziendale non si conclude alla distribuzione di qualche buono pasto, si tratta di un progetto, che coinvolge fra parentesi diverse professionalità (te ne parlo qui) ed è sicuramente di lungo periodo affinché possa apportare dei reali benefici alla tua azienda ed alle persone che lavorano con te.
Seguendo i passi che ti ho esposto sopra, avrai un eccellente punto di partenza per definire un piano di welfare aziendale di successo e non finisca in un flop con il doppio risultato di buttare soldi dalla finestra e scontentare ancora di più le persone che collaborano con te con tutte le conseguenze negative che puoi ben immaginare in termini di perdita di produttività e di competitività.
Se vuoi approfondire il discorso sul welfare aziendale puoi leggere anche:
Più competitività con il welfare aziendale
Welfare aziendale fra cliente e lavoratore
Progettare il welfare aziendale partendo dal clima!
Welfare aziendale e sinergie professionali la ricetta vincente!
Ora però voglio sentire la tua, hai già pensato di implementare un piano di welfare nella tua azienda?
Se non lo hai ancora fatto contattami così ne potremo parlare in maniera più approfondita!
A presto
Mauro Valentino
Il welfare rientra proprio nel contesto emotivo, pianificare un progetto di welfare non può prescindere dal guardare i collaboratori, gli impiegati, gli operai e vedere non solo dei prestatori d’opera bensì significa vedere le loro famiglie, le loro difficoltà personali, anche fuori dall’ambiente lavorativo, cercare di comprendere il mondo che circonda la tua azienda. Dove vivono queste persone? Esistono servizi, scuole, strade adeguate? Qual’è la percezione che possiedono dell’azienda? In quali termini ne parlano fra di loro e con i loro contatti social?
Il welfare è lo strumento che può efficacemente portare le persone ad accettare anche quei continui, sovente molto profondi cambiamenti a cui sono sottoposte oggi le aziende grandi e piccole, per questo bisogna pensare in maniera seria alle emozioni delle persone a ciò che pensano, ai loro sentimenti nei confronti dell’azienda, perché il cambiamento spiazza, non piace, crea un senso costante di insicurezza e l’ instabilità emotiva si va a ripercuotere negativamente sulla qualità della produzione.
Il welfare certo non risolve tutti i problemi del mondo, ma aiuta tantissimo sviluppando nelle persone il senso di appartenenza, con conseguente ripresa di controllo della situazione da parte di tutti gli attori coinvolti, operai,tecnici, manager,imprenditori, portandovi tutti insieme a superare l’insicurezza insita nei cambiamenti.
Comunicare nella maniera più capillare ed adeguata possibile a tutti, (quando dico tutti intendo proprio tutti) in azienda dove si sta andando e perché, creare una unitarietà di intenti, aiuta le persone a non sentirsi in balia degli eventi, permetterà a tutti i dipendenti di avere ben chiaro in testa quale sia la catena di comando, il chi fa che cosa, consentirà a tutti di partecipare e conoscere la direzione presa dall’azienda, quali scelte strategiche sono state messe in campo e perché, porterà i dipendenti a responsabilizzarsi nei confronti dell’azienda, facendo scomparire il costante stato di ansia ed il senso di inutilità in quello che si sta facendo, situazione fin troppo ricorrente nelle aziende italiane.
Leggi pure: “Come progettare il welfare aziendale”
Un buon esempio di welfare dovrebbe passare dalla formazione continua delle persone che lavorano con noi, preparare le persone a svolgere compiti differenti in maniera che possano sempre essere “intercambiabili” oppure a svolgere in un altro modo i compiti quotidiani, offre grandi opportunità, permette di avere personale più qualificato, intercambiabile in ogni momento, inoltre consente al manager oppure all’imprenditore di individuare e valorizzare quelle risorse che gli consentiranno un aumento qualitativo dell’intera produzione, sarà importante anche per il personale che si vedrà aperta una vera possibilità di crescita professionale una volta tanto fondata sulla meritocrazia.
Un piano di welfare aziendale non ben comunicato o peggio non comunicato affatto, che non riesca a coinvolgere direttamente coloro che lavorano nell’azienda a tutti i livelli, dall’operaio al manager, all’imprenditore, o che abbia come unico obiettivo il solo abbattimento dei costi, lo rende inevitabilmente superficiale e necessariamente temporaneo, di conseguenza destinato al sicuro fallimento, con gravi ripercussioni sull’imprenditore, sull’azienda e conseguentemente anche sul territorio.
Una comunicazione interna portata avanti con professionalità ricorrendo anche all’ utilizzo di tecnologie innovative, pensiamo per un attimo invece delle mail, che vanno, vengono, si leggono, non si leggono, all’utilizzo di Telegram per le comunicazioni interne aziendali, facile, veloce, sicuro, utilizzando questa piattaforma tutti i lavoratori saranno sempre in grado di conoscere cosa sta accadendo intorno a loro, andandosi ad integrare sempre più in una comunità compatta. Innovare, pensare in maniera laterale, sono le grandi virtù delle PMI italiane che le hanno rese famose ed invidiate in tutto il mondo, direi che è giunta l’ora di mettere davvero in pratica queste virtù.
A tal proposito puoi anche leggere: “Progetta il welfare aziendale partendo dal clima”
Significa impostare un piano di comunicazione che vada a promuovere sul territorio e non solo, i valori aziendali, che rafforzi in questo modo la posizione del brand, comunicare in maniera forte e costante quanto si sta facendo in azienda in termini di etica, di responsabilità sociale, ad esempio si potrebbe redarre un codice etico, oppure un bilancio sociale o ancora meglio uno ambientale perché no? Queste iniziative serviranno per rafforzare in maniera formidabile il posizionamento del brand sul mercato, con relativamente poca spesa si potranno ottenere vantaggi enormi!
Oggi siamo tutti immersi nel web, esso è divenuto oramai un prolungamento della realtà quotidiana, un aspetto della comunicazione esterna di cui tenere in debita considerazione è che le persone parlano e non più soltanto fra di loro! Oggi siamo connessi al mondo intero, ogni tuo dipendente non è solo un operaio è il tuo (forse inconsapevolmente) agente gratuito di marketing! Un ambiente negativo, poco pulito, con scarsa attenzione alle esigenze delle persone, che non consente una vera crescita professionale, non porterà certo i dipendenti a parlare in maniera positiva dell’azienda, con i social media la percezione che le persone hanno della propria azienda si amplifica a dismisura ed arriva inevitabilmente alle orecchie dei tuoi clienti, che di riflesso non saranno certo portati ad amare i tuoi prodotti con le logiche conseguenze in termini di perdita di competitività che ti lascio immaginare.
In definitiva da un buon piano di welfare hai soltanto da guadagnare e per di più con degli investimenti minimi. Il punto però è che un piano di welfare va organizzato per bene, non è un escamotage per “fare cassa” bensì un investimento di lungo periodo per la tua azienda (e le tue tasche).
Visto che sei arrivato fino a qui, direi che è giunto il momento di espormi il tuo pensiero, hai mai pensato di comunicare nella tua azienda un piano di welfare aziendale?
Certo creare un piano di Welfare Aziendale in una bottega artigiana con 2 assistenti è una cosa, uno stabilimento con 200 operai è faccenda più complessa. Il che non significa impossibile, significa soltanto che dovrai lavorare molto ed in maniera capillare. Per rendere il clima aziendale idoneo all’implementazione di un piano di welfare dovrai motivare, coinvolgere, prenderti cura e formare i lavoratori in modo che siano preparati ai continui cambiamenti imposti dal mercato odierno, orientandoti sempre verso la ricerca di innovazione e maggiore qualità. Pianificare con attenzione e lasciare i giusti margini di autonomia e manovra alle persone nello svolgimento dei propri compiti. Affrontare le resistenze interne che sono inevitabili, (i cambiamenti lo sai, non piacciono a nessuno) non con il metodo dell’imposizione dall’alto ma con il dialogo e la persuasione, con l’informazione e la responsabilizzazione nei confronti dell’azienda. Un buon clima aziendale significa prestare la giusta attenzione alle domande, ascoltare in maniera proattiva, dare enfasi ai risultati positivi raggiunti, incoraggiare e motivare nel caso di risultati negativi.
Il clima aziendale in realtà è dato da un insieme di sensazioni soggettive di cui tu, in qualità di titolare devi (o almeno dovresti) essere perfettamente a conoscenza, ad esempio:
Inizia sempre dal clima aziendale:
Incomincia dal sentiment più diffuso, tieni presente ovviamente che lo scontento ci sarà sempre, ma avere il polso della situazione generale è un buon punto di partenza su cui andare a lavorare. Se il clima aziendale non è sereno, predisporre un piano di welfare aziendale sarà un buon punto di partenza per poterlo migliorare, se al contrario nella tua azienda esiste già un ambiente positivo, sereno e collaborativo, un piano di welfare sarà più facilmente compreso ed accettato.
L’emotività, l’affettività sono le leve principali, una grande affettività verso l’azienda, un giudizio sostanzialmente positivo verso la sua organizzazione interna, porta ad un calo del turnover si ottiene una maggiore produttività, più collaborazione fra colleghi ed innalzamento esponenziale della qualità finale del prodotto/servizio.
Le relazioni fra le persone all’interno dell’azienda le relazioni con il management, il sistema organizzativo nel suo complesso vanno analizzate e se il caso messe in discussione e riprogettate. Non è possibile pensare ad un piano di welfare aziendale senza tener conto del sentiment generale e del clima aziendale nel suo complesso.
Adesso però voglio sentire la tua, conosci perfettamente il clima della tua azienda?
Vuoi sapere come si implementa un piano di welfare aziendale? Contattami e ne parleremo insieme.
Lo stress da lavoro, patologia ampiamente riconosciuta e di cui soffre 1 lavoratore su 4, incide in maniera pesante non solo sulle nostre singole esistenze ma…
Sull’intero processo di produttività.
In buona sostanza se un dipendente o un manager, vivono la propria attività in un ambiente sano, armonioso, gestito in maniera responsabile, sono decisamente più produttivi, più fidelizzati all’azienda, si ammalano meno, in poche parole producono di più e meglio.
Fino a qui ti sto dicendo che esiste l’acqua calda!
Purtroppo la stragrande maggioranza delle PMI, almeno quelle Italiane, sia ancora molto indietro rispetto ad altre realtà.
Secondo stime OCSE al 2013 l’ammontare delle prestazioni non obbligatorie erogate dalle imprese rispetto alla spesa sociale complessiva in percentuale sul PIL:
Gran Bretagna 14%
Francia 7%
Germania 7%
Italia 2,1%
Il dato, in apparenza sconfortante, in realtà ci dice che esiste un enorme margine di manovra.
Eppure le aziende che si sono lanciate nel promuovere il welfare aziendale oggi sono riuscite ad ottenere i seguenti vantaggi:
Applicare il welfare aziendale non è impossibile, bisogna però avere le idee chiare ed impostare le corrette strategie, in linea di principio sono 4 le aree su cui lavorare:
L’idea è quella di rispondere al costante ed inesorabile declino del welfare pubblico, riportandolo dall’esterno, all’interno dell’azienda che verrà vissuta più come una piccola comunità di persone che hanno un obiettivo comune e non che come un luogo dove si viene considerati soltanto un numero.
Le possibili soluzioni di welfare pertanto potranno essere:
Oppure mettere in campo delle iniziative per i dipendenti e per i giovani come ad esempio:
Ti ricordo che i servizi di welfare aziendale…
Non concorrono a formare reddito!
A differenza dei premi di produttività e già solo questo argomento ti dovrebbe interessare, un aspetto questo, che andrò ad esplorare più nel dettaglio nei miei prossimi articoli, se avrai la pazienza di leggerli, comprenderai meglio quali vantaggi fiscali potrai ottenere ed in che misura.
Il welfare aziendale diventa quindi la nuova frontiera della produttività, consentendo al lavoratore di ottenere un aumento reale della retribuzione oltre che favorire la conciliazione vita /lavoro potendo gestire in modo equilibrato la propria vita lavorativa con quella privata.
“l’agente economico sono gli esseri umani ed i modelli economici ne devono tener conto”.
(Richard Thaler)
Per le aziende, oltre ad ottenere una significativa ottimizzazione fiscale, si vedranno ridurre i costi nel caso di turn over, migliorando contestualmente la propria reputazione, il clima aziendale e definendo politiche retributive più in linea con le esigenze dei dipendenti.
Ora dimmi pure la tua, hai mai pensato nella tua azienda di creare un progetto di welfare?
Considerato che oggi il mercato risulta sempre più affollato da professionisti che si disputano con le unghie e con i denti un bacino di clientela sempre più esiguo, diventa imperativo sviluppare delle strategie che consentano in qualche modo di poter emergere, di potersi distinguere in qualche modo allo scopo di:
La fidelizzazione è un fattore centrale, i clienti di oggi sono molto meno “fedeli” rispetto anche solo a qualche anno fa, si tratta di un aspetto dell’attività di ogni professionista che non va assolutamente trascurato,ma come si fa ad ottenere una maggiore fidelizzazione?
Una possibile strada da percorrere potrebbe essere quella di offrire nuovi servizi ad alto valore aggiunto, che siano al contempo estremamente personalizzabili, che rispondano concretamente alle esigenze più complesse del cliente, compresa la possibilità di operare in aree delegate tradizionalmente ad altre discipline professionali, per far sì che il ventaglio delle soluzioni da proporre, degli strumenti dei servizi a disposizione, sia il più ampia possibile.
Per distinguersi bisogna creare un polo di attrazione, offrire qualcosa che attragga i clienti verso di te, che li entusiasmi, li porti ad identificarti come il loro personale punto di riferimento, il professionista che fornisce servizi più articolati e di qualità, ma senza andare a snaturare la tua attività andando ad “invadere” il territorio altrui, offrendo servizi che richiedono competenze specifiche che esulano da quelle richieste dalla tua attività professionale. Ma come fare ad ampliare un ventaglio di strumenti e servizi che spazino anche in discipline diverse dalla tua?
Ma soprattutto quale servizio potrebbe essere così diverso, innovativo ed assolutamente allettante per il cliente potenziale da spingerlo a rivolgersi al tuo studio?
Io credo di aver trovato la risposta!
Ad esempio, la professionalità del consulente del lavoro/consulente aziendale e del consulente finanziario, possono assolutamente convergere nella proposta di un servizio altamente qualificante e cioè lo sviluppo del cosiddetto:
“welfare aziendale”
Il welfare aziendale, ancora non molto sviluppato in Italia rappresenterà nel prossimo futuro, un enorme polo di attrazione dove potersi muovere insieme ai clienti attuali oltre che potenziali.
Per gestire in maniera efficace un servizio consulenziale in welfare aziendale richiederebbe una struttura di alto livello, proprio perché all’interno di un progetto, intervengono numerose discipline con relative competenze specifiche; pensiamo solo per un attimo ad un progetto di previdenza aziendale, dove l’azienda in primis può sfruttare importanti agevolazioni fiscali e di gestione, favorendo al contempo lo sviluppo di educazione finanziaria fra i dipendenti, valorizzandoli e premiandoli: in questo contesto, diventa indispensabile oltre al consulente del lavoro l’apporto di uno specialista finanziario ed assicurativo, ad esempio.
Ora per potersi strutturare in maniera efficace sono richiesti investimenti e risorse importanti, ma come raggiungere lo stesso risultato senza esporsi eccessivamente?
Riflettendo su questo tema sono giunto alla conclusione che in realtà non è necessario ristrutturare l’ufficio, assumere personale, investire in software gestionali o che altro è sufficiente collaborare!
E’ un pezzo che l’epoca dell’ orticello si è conclusa, ha funzionato certo, per lunghi anni si è potuta gestire la propria professione anche da soli, ma oggi non è più pensabile, proprio in virtù di quanto affermato sopra è una strada non più percorribile; l’unica strada da percorrere in maniera sostenibile passa dalla collaborazione diretta, dalla sinergia con professionisti in altre discipline.
Collaborare sinergicamente insieme ad altri professionisti significa poter mettere sul piatto competenze diverse per poter offrire al cliente un ventaglio di servizi più completo e di qualità superiore.
Ed è proprio nel welfare aziendale che si potrebbe esprimere al massimo questa collaborazione, nella ricerca degli strumenti più idonei da mettere a disposizione dell’imprenditore, un esempio?
Il consulente del lavoro ha una eccellente preparazione e competenze sulla pianificazione fiscale nei confronti dell’imprenditore, mentre il consulente finanziario possiede competenze specifiche nella gestione dei fondi pensione collettivi aziendali (vedi questo mio articolo sui vantaggi fiscali per le Aziende : “il Tfr in Azienda: un patto che conviene ad Azienda e dipendenti”).
Il consulente del lavoro ha un portafoglio clienti formato da imprenditori e professionisti ed anche il consulente finanziario ha un portafoglio composto in larga parte da imprenditori e professionisti; ora unendo le forze, si potranno semplicemente “integrare” insieme potendo in questo modo fornire un servizio a più alto valore aggiunto ai clienti di entrambi!
Potrà fornire al cliente imprenditore, oltre ai servizi naturali della sua professione anche la consulenza offerta nel ramo della previdenza complementare aziendale da parte del consulente finanziario, per imbastire un progetto di welfare come ad esempio la gestione di un fondo pensione collettivo aziendale (dal punto di vista fiscale, si stimano risparmi in termini di costi di circa il 10%, sul trattamento dei TFR dei dipendenti).
Il consulente finanziario di contro, potrà fornire la consulenza specifica del consulente del lavoro ai propri clienti imprenditori, aumentando in questo senso il bacino di operatività.
Con questo interscambio di competenze si potrà ampliare vicendevolmente il proprio segmento di mercato senza contare infine il processo virtuoso del passaparola creato, giocoforza, dagli imprenditori soddisfatti.
Il cliente otterrà una miriade di vantaggi, primo fra tutti la possibilità di ricevere più servizi contemporaneamente senza doversi “sbattere” fra un professionista e l’altro, troverà nel tuo studio un mondo di soluzioni, personalizzabili sulla scorta delle sue specifiche esigenze.
Il welfare aziendale poi è proprio il toccasana per un’azienda che aiuterà il cliente imprenditore ad usufruire di importanti vantaggi fiscali e gestionali che lo renderanno più competitivo.
E tu dimmi, hai mai pensato di collaborare con un altro professionista intorno ad un progetto comune di Welfare Aziendale?
In Italia il 75% delle aziende è a carattere familiare, di esse, circa il 25% è guidato da un ultra 70enne, e il 18% dovrà gestire, entro i prossimi 5 anni la successione (dati osservatorio AUB, per approfondimenti segnalo il seguente link: http://www.aidaf.it/attivita/studi-e-ricerche).
Sempre secondo la medesima ricerca, solo il 30% delle Aziende, anche a causa della crisi economica e della digital transformation in atto, sopravvive alla seconda generazione, di queste:
Solo il 13% delle PMI sopravvive alla terza generazione!
Il tema della successione aziendale assume quindi in Italia, un valore strategico, non solo al fine di non dissipare patrimoni familiari, ma anche per garantire la continuità aziendale e di conseguenza anche quella occupazionale.
Per esperienza diretta, quando si affrontano certi argomenti ci si trova, purtroppo, spesso a fare i conti con una sorta di rifiuto a priori, dettato sovente anche da qualche forma di scaramanzia/superstizione.
L’ irrazionale prende il sopravvento, facendo spesso procrastinare, con qualche rischio, la presa di decisioni che, al contrario, se pianificate per tempo, non potrebbero far altro che regalare serenità sia all’imprenditore che ai suoi eredi.
Bisogna assolutamente prendere il “toro per le corna” e capire che pianificare per tempo è l’unica strada da seguire.
Il Consulente Finanziario, in qualità di profondo conoscitore della famiglia dell’imprenditore, può e deve svolgere un ruolo di “regia” in questa delicata fase di vera e propria “consulenza patrimoniale” all’imprenditore proprio cliente.
Diventa infatti quel “trait d’union” fra i vari professionisti (come avvocati, commercialisti, notai) che entreranno in gioco nelle varie fasi di pianificazione di questo passaggio di consegne.
Con passaggio generazionale si intende la pianificazione a tavolino della propria successione aziendale o familiare, il che non significa semplicemente decidere le divisioni in funzione della conclusione del proprio ciclo di vita, si può pianificare il passaggio generazionale anche in previsione della cessazione della propria attività lavorativa semplicemente per andare in pensione!
Basta semplicemente fermarsi un attimo a riflettere, e si capirà come la “pianificazione successoria” da parte dell’imprenditore sia essenzialmente sia un’ulteriore (forse la più importante!) assunzione di responsabilità, verso se stessi, verso la propria “creatura” e verso i propri affetti.ì
Esistono molti strumenti per poter ben pianificare il ricambio generazionale nella tua azienda o attività commerciale, dai più semplici ai più sofisticati, dipende ovviamente dalle esigenze peculiari tue e della tua famiglia.
Sono un esempio degli strumenti che si possono adottare per definire al meglio questo passaggio. Ognuno di questi strumenti ha caratteristiche peculiari che sono molto utili a risolvere esigenze specifiche e potranno essere utilizzati sia singolarmente che in abbinamento.
Nei miei prossimi articoli vedremo insieme il funzionamento degli strumenti sopra indicati e faremo, sempre insieme, una valutazione di quando ed in che modo, usarli.
Adesso però dimmi la tua, per pianificare il tuo passaggio generazionale quale strumento utilizzeresti?
Rispondi pure nei commenti oppure prenota una consulenza gratuita ti basta cliccare qui sotto:
Mauro Valentino
P.S.
Qui di seguito ti lascio un link a due testimonianze di passaggi generazionali ben riusciti: Riso Gallo e Bauli.
Buona lettura!