Che cos’è il MES ? Un pò di chiarezza .

Come ci suggerisce il sondaggio di Demopolis, non scoraggiamoci!

Siamo in ottima compagnia!

Il tema del MES è , d’altronde, un tema molto tecnico, per addetti ai lavori. Se ne sente parlare, ma nella realtà in pochi sanno veramente cos’è.  Come sempre il dibattito politico, in questi casi, non aiuta a farsi un’idea corretta.

L’obiettivo di queste righe è solamente quello di spiegare cos’è: il clamore che suscita è legato a visioni politiche che non riguardano questo breve articolo.

Ripeto, l’argomento è tecnico e quindi facciamo un passo alla volta.

  • Che cos’è il MES ?

Il Meccanismo Europeo di Stabilità (traduzione di ESM, European Stability Mechanism), è un organo intergovernativo europeo, la cui funzione è quella di supportare gli Stati membri che versano in situazioni finanziarie di particolare difficoltà al fine di salvaguardare la stabilità finanziaria dell’Unione Europea, per evitare che la crisi di uno stato membro si allarghi a macchia d’olio attivando conseguenze dannose ed irrecuperabili.

Il MES nasce con il Trattato istitutivo del 2 febbraio 2012 ed oggi ne fanno parte tutti i Paesi dell’Eurozona che, allo stato attuale, sono 19.

Il MES è, di fatto, prestatore di ultima istanza nell’Eurozona. Naturalmente, questa assistenza prevede un prezzo da pagare non tanto in termini finanziari,  quanto in termini di cessione di sovranità: il Paese finanziato entra in una specie di commissariamento che prevede regole rigide ed azioni precise propedeutiche a farlo rientrare in un sentiero di virtuosismo finanziario.

 

  • Potenza di fuoco del MES

Come già detto, al MES partecipano tutti i 19 membri dell’Eurozona, ciascuno dei quali detiene una quota basata sulla partecipazione al capitale versato nella Banca Centrale Europea. L’Italia è uno dei principali sottoscrittori, con una quota pari al 17,79%.

Tra le tante imprecisioni ascoltate in queste settimane vi è quella per la quale  la partecipazione al MES costerebbe all’Italia cifre enormi, pari a circa 125 miliardi di euro.

Questa affermazione è falsa.

Se infatti andiamo a guardare la fonte ufficiale del MES (www.esm.europa.eu), troviamo questa bella tabella che ci racconta un po’ di cose.

Cosa ci dice?

Ci dice che la potenza di fuoco totale del MES è pari a 704 miliardi di euro: questa è la cifra massima prevista come rete di protezione per gli aventi bisogno. Tuttavia, il capitale effettivamente versato dagli Stati partecipanti è ad oggi pari circa a 80 miliardi di euro.

E l’Italia ne ha versati ad oggi 14,33 in base alla sua quota di partecipazione.

 

  • Cosa prevede la riforma ?

Perché tanto chiasso sul Meccanismo di Stabilità, e perché proprio ora?

Nello scorso giugno, l’Eurogruppo ha raggiunto un accordo in merito alla revisione del MES. Si tratta di modifiche diverse e meno profonde rispetto alla proposta della Commissione Europea, che nel 2017 suggeriva di trasformare il fondo salva-Stati in un Fondo Monetario Europeo, che facesse le veci continentali di quello internazionale.

Ciononostante, tale accordo datato 13 giugno 2019 prevede che entro dicembre di quest’anno si sottoscriva un patto definitivo in merito alle modifiche da apportare, al fine di poterle poi ratificare negli Stati membri.

Le principali novità della riforma sono sostanzialmente due:

  • Il backstop, cioè la possibilità di utilizzare il MES come strumento per le ristrutturazioni bancarie. Tale procedura consentirebbe di evitare la ricapitalizzazione diretta da parte delle banche ad opera degli Stati, evitando dunque un immediato appesantimento sul debito pubblico a seguito dell’iniezione patrimoniale ed una più rapida risoluzione della crisi;
  • Le procedure per la ristrutturazione del debito pubblico (noto come “haircut”). Questo secondo punto è di fatto quello più chiacchierato che ha fatto da detonatore all’acceso dibattito pubblico delle ultime settimane.

Questa possibilità – cioè il taglio del valore nominale del debito e conseguente coinvolgimento degli investitori che detengono titoli di stato, i quali sono chiamati a condividere una perdita sul capitale – nasce di non alterare la principale legge di mercato, e cioè quella della domanda ed dell’offerta.

Ogni investitore, quando investe i propri denari, lo fa cercando di massimizzare il rapporto rischio/rendimento, in base a quello che è il proprio profilo di rischio ed il proprio orizzonte temporale.

Se investe in titoli di stato italiani (una volta avremmo detto quelli Greci), con un rating BBB-ed un rendimento a 10 anni del 1,315%, l’investitore sa che sta correndo un determinato rischio (rating BBB-) per ottenere quel rendimento (1,315% annuo).

Cosa accadrebbe, infatti, se un investitore, in un contesto macroeconomico di tassi a zero o negativi come quello attuale, potesse ragionevolmente pensare di poter investire su titoli rischiosi per ottenere maggiori rendimenti, nella consapevolezza che nella realtà non rischia nulla?

Non si vuole, giustamente, alterare questa elementare legge di mercato.

Non si vuole, cioè, che sia i Paesi richiedenti, sia gli investitori in titoli di quei Paesi, abbiano la ragionevole certezza che ci sia qualcuno pronto a soccorrerli in caso di bisogno, senza chiedere nulla in cambio.

Tuttavia, diversamente da quanto detto con sensazionalismo da più parti, non c’è alcun automatismo per cui l’eventuale richiesta di aiuti al MES faccia scaturire il coinvolgimento dei creditori. Si tratta di una considerazione discrezionale da parte dell’organismo, che deve valutare la sostenibilità del debito e gli interventi correttivi per poter concedere il programma di assistenza.

 

  • Rimangono alcune questioni aperte

La più importante riguarda certamente la discrezionalità della valutazione da parte del MES: quali siano i criteri adottati in questo complesso processo di analisi non è risaputo e non è definito in alcun documento ufficiale.

La seconda, riguarda la procedura di ristrutturazione del debito, che con le modifiche apportate risulterebbe meno macchinosa: le nuove clausole di azione collettiva sono previste infatti a voto unico, semplificando la procedura di eventuale ristrutturazione (c.d. single CACs)

Al di là delle speculazioni politiche, lo strumento ha una missione protettiva e funzionale alla realizzazione, almeno parziale, di una reale Unione non solo monetaria.

In ogni caso l’obiettivo di queste due righe era quello di fare un po’ di chiarezza attorno ad un tema estremamente tecnico, sul quale si prendono posizioni spesso senza averne la minima consapevolezza.

Spero di esserci riuscito.