Mercati sui massimi: quanto durerà?

 

Questa domanda si ripete ciclicamente, all’indomani di ogni trend positivo di mercato.

Quanto durerà?

E di solito iniziano a proliferare le previsioni più disparate degli esperti del settore: chi dice che c’è ancora tanta strada e chi invece assicura che la corsa è finita e sarebbe meglio mettersi al riparo.

Bene. Detto questo, vi invito a fare un ragionamento.

Vi presento l’indice Standard & Poor 500, noto come S&P 500 o semplicemente S&P.

E’ stato realizzato da Standard & Poor’s nel 1957 e segue l’andamento di un paniere azionario formato dalle 500 aziende statunitensi a maggiore capitalizzazione.

La Borsa di New York (il NYSE, New York Stock Exchange) è la più grande borsa valori a livello mondiale e rappresenta circa il 40% della capitalizzazione di tutto il mercato azionario globale.

Di conseguenza, studiare l’andamento dell’indice S&P 500 negli ultimi 90 anni è particolarmente significativo, per capire come si muove il mercato azionario americano e, di conseguenza, quello globale.

Nell’ultimo decennio (da dopo la crisi del 2008) l’indice S&P 500 , come si vede in tabella, ha performato circa il 13% annualizzato.

Tanto. Non tanto quanto nel ventennio 1980-2000, ma tanto.

E la domanda che ci si pone, in questi casi, è sempre la stessa: quanto durerà?

Premesso che nessuno ha la sfera di cristallo, lo studio e le analisi ci aiutano ad affrontare questo scenario (che ciclicamente si ripete).

In questi casi, a mio modo di vedere, ci sono 3 cose da tenere a mente, sempre.

Primo: la strategia. Sapere di avere tra i propri strumenti un piano di accumulo, ci rende consapevoli di aver in mano l’unica strategia che ci premia ad ogni eventuale, salutare e naturale discesa dei mercati.

Secondo: i numeri. Se si investe nel principale indice azionario americano, l’indice S&P 500 appunto, i numeri ( e cioè 90 anni di storia ) ci dicono che con un orizzonte temporale ad 1 anno, abbiamo il 27% di possibilità di andare incontro ad una perdita. A 3 anni il 17%, a 5 anni il 12%, a 10 anni il 6%, a 15 anni l’1%.

Per “holding period” superiori si è statisticamente certi di avere un ritorno positivo.

Terzo: l’orizzonte temporale. Chiedersi sempre: fra quanto tempo mi serviranno questi risparmi? E’ l’unica domanda a cui un risparmiatore deve rispondere con accuratezza.

Per rispondere quindi alla domanda iniziale:

durerà quel che durerà, consapevoli che una “correzione” ci sarà sicuramente, prima o poi, e che sarà il preludio ad una nuova risalita. Ma soprattutto che questa “correzione”  era già ampiamente prevista in fase di pianificazione coerentemente con il proprio orizzonte temporale.

 

Se non ho abbastanza tempo davanti, quindi, non investo nel mercato azionario.

Semplice.